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Terapia spirituale integrata come “spina dorsale” del trattamento delle persone con dipendenza da alcol

Baburin A.N. 1,2,3,4

[1] Chierico della Chiesa della Deposizione della Sacra Tunica in via Donskaya della città di Mosca. Russia. Arciprete.

[2] Istituzione pubblica federale sovvenzionata “Centro scientifico della salute psichica” dell’Accademia delle scienze mediche della Russia, Mosca, Russia. Ricercatore Senior.

[3] Movimento sociale regionale per la promozione dei club alcologici famigliari, Mosca, Russia. Presidente del Consiglio direttivo.

[4] Membro del Comitato esecutivo dell’Associazione panrussa dei medici ortodossi.

Un discorso al congresso ad Assisi_Baburin riv Piani_(ITAL)

Carissimo padre Danilo, organizzatori e famiglie partecipanti al Congresso di Assisi!

Permettetemi di salutarvi per conto del movimento russo a supporto dei club delle famiglie con problemi alcolcorrelati che operano in base alla metodologia di Vladimir Hudolin.

Dall’inizio dell’ottocento tra le opinioni sul problema dell’alcolismo prevaleva un atteggiamento gretto, strettamente medico-biologico. Come sappiamo questo approccio ha portato pochi frutti: in centocinquanta anni l’efficacia del trattamento dell’alcolismo continuava a rimanere molto bassa.

Tale situazione era insopportabile per quei medici e quegli operatori che lavoravano non per il denaro e il profitto, come diceva il filosofo Ivan Iljin, “parificando” il paziente ai concetti astratti di “malattia” e “medicina”, ma consideravano la loro professione come una specie di “sacerdozio dell’amore e della compassione[1]”.

Non c’è bisogno che vi parli del medico italiano e professore universitario canonizzato dalla Chiesa Cattolica, San Giuseppe Moscati che credo voi tutti conosciate bene.

Padre Antonio Sicari, biografo del santo medico, scriveva: “Moscati non era preoccupato solo dell’unità somato-spirituale dell’uomo, e di una visione integralmente umana della malattia, ma ciò gli sembrava il minimo indispensabile per un ulteriore affondo sull’integrum dell’uomo. La cura dell’unità psico-fisica doveva spingersi fino alle ultime profondità spirituali, fino all’ultima sofferenza dell’anima, fino all’ultima esigenza di felicità, con un deciso orientamento ultraterreno»[2].

Nella Russia sovietica un esempio luminoso simile fu San Luca (Voyno — Yasenetsky) (1877 — 1961), professore di chirurgia nonché autore dei libri spesso citati “Spirito, anima e corpo” e “Saggi di chirurgia purulenta”. “Il chirurgo non deve trattare con un “caso” ma solo con una persona viva e sofferente”[3], – ribadiva sempre l’arcivescovo. Nella pratica medica dell’arcivescovo Luca ci sono chiari esempi di questo atteggiamento vero il paziente.

Uno dei primi scienziati medici che cominciò a parlare chiaramente del fattore dimenticato della salute fisica e psichica fu il medico, epidemiologo e psichiatra, fondatore e direttore dell’Istituto di ricerca nazionale statunitense David B. Larson.

“Allora qual’è il fattore che così spesso rimane trascurato?” — si fa la domanda David Larson e poi risponde, — “è la forza spirituale propria della persona e la sua religiosità”[4].

Nel 1998 presso il reparto gerontologico del Centro medico dell’Università Duke (Durham, North Carolina, Stati Uniti d’America) David B. Larson fondò il Centro della spiritualità, della teologia e della salute cui scopo era studiare l’influenza della fede religiosa sullo stato psico-fisico della persona. Sono state svolte numerose ricerche su ampia scala in questo campo, pubblicate nelle riviste scientifiche più importanti. Si svolgono i convegni intergazionali, si pubblicano molte opere monografici.

L’attuale direttore di questo centro il dott. Harold G. Koenig, psichiatra, autore di più di 280 pubblicazioni scientifiche e di 35 volumi su questo tema, in base alle conclusioni positive tratte dai lavori scientifici relativi all’impatto positivo del fattore religioso sulla salute umana dichiarò di recente nella rivista The New Republic, che “la mancanza di vita religiosa ha l’impatto altrettanto nocivo dal punto di vista della mortalità come quaranta anni di fumo se uno fuma un pacchetto di sigarette al giorno”[5].

Sono sempre più presenti opere in cui si afferma espressamente che la religiosità della persona non deve essere trascurata. In particolare, uno dei medici olandesi più influenti degli ultimi cinquant’anni, il professore di psichiatria Herman Van Praag sostiene che la religiosità è inerente alla persona, è un attributo della mente umana, affonda le proprie radici nel nostro essere, è geneticamente predeterminata. Questo è comprovato, osserva l’autore, dall’attività registrabile dei neuroni del cervello che cambia a seconda dell’intensità e della profondità del senso religioso. Ed è anche testimoniato dal fatto che i pensieri religiosi nei non credenti possono essere prodotti sollecitando particolari zone di cervello con biocorrenti. Quindi, spiega lo scienziato, il cervello è intermediario tra i bisogni religiosi e la loro soddisfazione[6].

Negli anni 90 del secolo scorso è iniziato lo sviluppo dello strutturalismo biogenetico e la neuroteologia – campi di studio all’incrocio dell’antropologia, neurofisiologia e neuropsicologia. Agli origini di questa tendenza c’erano l’antropologo Charles D. Laughlin, lo psicologo sociale John McManus e lo psichiatra, Eugene G. d’Aquili, medico statunitense di origine italiana. “Lo strutturalismo biogenetico dice che le persone sono geneticamente predisposti al comportamento religioso. Questo spiega la comunanza del comportamento religioso nonostante la grande varietà di religioni e le differenze sostanziali tra di loro. Nonostante l’alternanza delle molecole di DNA la religiosità resta la caratteristica fissa dell’uomo» – attesta il professore di scienze religiose e canonico emerito della Cattedrale di Canterbury di Londra John Westerdale Bowker[7].

L’adepto di Eugene G. d’Aquili, medico neurologo, direttore del Centro di medicina integrativa Jefferson – Mirna Brind in Pennsylvania, Andrew B. Newberg con i co-autori dell’opera “Mistero di Dio e la scienza del cervello. Neurobiologia della fede e dell’esperienza religiosa”, constatano: “Un certo numero di opere scientifiche ha mostrato che le persone che praticano le religioni tradizionali vivono più a lungo della media, soffrono più raramente di ictus cerebrale e di malattie cardiache, il loro sistema immunitario funziona meglio e la pressione arteriosa è più bassa”[8], “che il tasso di tossicodipendenza, di alcolismo, di divorzi e di suicidi tra le persone religiose è notevolmente più bassa rispetto a tutta la popolazione in generale”[9], e “che generalmente la presenza di esperienze spirituali e mistiche anche di intensità moderata è associata ad una salute psichica più alta della media, che si manifesta in una migliore qualità dei rapporti interpersonali, in un livello di ansia più basso, in un’identità più definita, nell’attenzione più forte nei confronti degli altri e nell’approccio più positivo alla vita in generale”[10].

Gli autori concludono: “Probabilmente, la cosa più importante qui è che la religione aiuta a lenire lo stress esistenziale, perchè ci da una certa sensazione di controllo nel mondo sconosciuto e pericoloso. La capacità di lenire i tormenti esistenziali e di darci l’accesso alle forze spirituali di grande potenza – questo è un enorme dono terrestre della religione all’uomo”[11].

Qui è importante ricordare le dichiarazioni di Gordon Willard Allport, un eminente psicologo americano, “architetto della psicologia della personalità”, relative alla domanda: chi è che realmente cura la sensazione del vuoto interiore familiare a molti pazienti?

“Quando si tratta del vuoto esistenziale, di impostazione generale o di mancanza di motivazione e di valori, lo specialista è il prete, mentre lo scienziato è ancora soltanto un dilettante. Probabilmente, l’uomo che è venuto dal sacerdote ha già le sue idee religiose iniziali. In questo caso il compito è quello di aiutare l’uomo di approfondirle e di allargarle per estenderle in modo più adeguato all’ambito dei suoi problemi e delle sue ricerche personali. In altre parole, la sfida è nell’aiutarlo a passare dal un orientamento religioso esterno ad una religiosità interna matura e universale. In questo, a mio avviso, consiste il compito prioritario di ogni consulente religioso”[12].

L’accademico dell’Accademia Russa delle scienze Pavel Ivanovich Sidorov nella sua opera “Risorsa religiosa della medicina mentale” scrive: “Secondo valutazioni generali, dal 50 al 90% dei pazienti che si rivolgevano alla religione, riferivano l’alleviamento della gravità dei sintomi: riduzione del dolore, alleviamento dell’ansia e della tensione, riduzione di anosognosia e di richieste di assistenza medica, l’aumento di efficacia delle strategie di coping e della compliance, di autoregolazione e di adattamento sociale; il ritrovare il senso della vita e il conforto spirituale, l’autostima e la fiducia in se stessi, l’approvazione e la compassione, la speranza e l’amore.

Si può tranquillamente affermare che la religione è la più antica e la più universale risorsa di compensazione difensiva della civiltà, che consente di soddisfare i più diversi bisogni umani strutturandone la mentalità e l’identità.

L’efficacia della terapia spirituale integrata fu dimostrata in modi convincenti in vari gruppi di pazienti con disturbi d’ansia e depressione, schizofrenia, disturbi alimentari, ansia subclinica e angoscia, disturbi di dipendenza, disturbo post-traumatico da stress nei combattenti e donne che hanno subito abusi sessuali ecc.”[13].

Pavel Ivanovich perfeziona il concetto bio-psico-socio-spirituale di ontogenesi arricchendolo con una metodologia sinergica, enfatizzando così la coerenza del funzionamento delle parti, riflesso nel comportamento del sistema nel suo complesso[14].

“L’approccio sinergico ci permette di trovare una singola metodologia per analizzare tutte le forme di comportamento dipendente — dall’alcolismo e dalla tossicodipendenza, al fanatismo e al terrorismo, in corrispondenza con le aree prioritarie di sviluppo della psichiatria moderna,”[15]— afferma l’accademico P.I. Sidorov.

Bisogna dire, che la spiritualità come fattore terapeutico era usata fin dall’inizio dalle associazioni alcologiche russe per promuovere uno stile di vita sobrio.

Le associazioni alcologiche cominciarono ad apparire ovunque nelle provincie russe dal 1858, come reazione della popolazione all’arbitrarietà dei produttori e commercianti pubblici che applicavano prezzi bassi con l’avvallo delle autorità interessate alla crescita delle entrate fiscali.

Il 10 agosto 1859 fu emanato un Decreto del Santo Sinodo che faceva appello ai sacerdoti di “promuovere con zelo la buona volontà che emerge in alcuni ceti urbani e rurali di astenersi con determinazione dal bere vino”[16].

Nel 1889 fu emanato il decreto circolare del Santo Sinodo del 10 agosto, in cui, tra l’altro, i Vescovi Diocesani erano invitati di “comunicare al Santo Sinodo se attualmente esistono Associazioni Alcologiche, di quante persone sono composte e in quali località si trovano, e come si manifesta l’impatto di queste associazioni sullo stato religioso e morale delle persone che le compongono e della popolazione circostante”[17].

Per questa vasta lotta della Chiesa per la sobrietà popolare, erano necessarie risorse umane ben addestrate. E così nel 1909 fu emanato il Decreto del Santo Sinodo sull’introduzione nei seminari teologici degli interventi formativi per combattere “l’influenza corrutrice dell’alcolismo popolare”[18].

All’inizio del 1911 in Russia c’erano 1767 associazioni alcologiche parrocchiali che raccoglievano 498.685 persone. Il numero totale dei fedeli delle parrocchie dove funzionavano le associazioni alcologiche era pari a 4.253.087. Praticamente uno su nove parrocchiani fu membro di queste associazioni [19].

In esse i migliori operatori che combattevano il problema dell’alcolismo non solo erano personalmente attivi nei programmi di cura, ma anche inserivano nell’associazione altri parrocchiani tra lavoratori e contadini, insegnanti di scuole parrocchiali, medici, rappresentanti degli intellettuali (la intellighenzia russa) e della nobiltà.

La stretta collaborazione dei membri delle associazioni alcologiche ha contribuito a raccogliere le esperienze pratiche e allo sviluppo di idee e proposte nuove per far fronte all’alcolismo tra la popolazione. La strategia proposta nel IV secolo da San Giovanni Crisostomo che invitava a creare associazioni “per sterminare la passione per bere”[20], era richiesta come non mai prima.

È significativo notare che grazie all’ attività e alle iniziative promosse dalle associazioni alcologiche parrocchiali, degli organismi di vigilanza per la “sobrietà popolare” e alle misure legislative, il consumo di alcol pro capite in Russia nel periodo dal 1885 al 1905 fu più basso rispetto agli USA e ai paesi Europei[21].

Paesi Quantità totale di alcol consumato (in litri di alcool anidro) La quantità di alcol (assoluta) consumata nella birra La quantità di alcol (assoluto) consumata nel vino d’uva La quantità di alcol (assoluta) consumata nella vodka
Francia 19,04 1,05 13,95 4,04
Belgio 12,58 7,80 0,48 4,90
Italia 12,31 0,03 11,83 0,65
Svizzera 11,73 2,16 6,77 2,80
Danimarca 10,92 3,67 7,25
La Gran Bretagna 10,63 8,11 0,25 2,27
Germania 9,13 4,26 0,61 4,26
Austria-Ungheria 8,59 1,57 2,02 5,00
Svezia 5,28 1,58 3,70
USA 5,61 2,88 0,25 2,48
Russia 2,80 0,15 2,65

 

Tabella № 1. Il consumo di bevande alcoliche nei principali paesi culturali: rappresentazione statistica comparativa per il periodo dal 1885 al 1905. E.Struve. Der Verbrauch alkoholischer Getränke in den Haupt-Kulturländern: vergleichende statistische Darstellung für die Zeit ab 1885. Berlin, 1907.

Vorrei farvi notare, che questo risultato fu ottenuto senza interventi di politica sanitaria.

La partecipazione del clero alla lotta contro i problemi alcol correlati era e rimane uno dei requisiti della deontologia pastorale, che incarica i sacerdoti non solo di predicare, ma anche di farsi carico di “qualunque malattia e qualunque infermità” [Matteo 10, 1.].

I Clubs degli Alcolisti in Trattamento che utilizzano il metodo di Vladimir Hudolin nella Federazione Russa hanno messo radici in chiesa: sono sorti e si sviluppano nelle parrocchie della Chiesa ortodossa russa.

Tutti i membri del nostro movimento sono pieni della più sincera gratitudine nei confronti del fondatore di questo metodo. Sentiamo una particolare gratitudine nei confronti di Don Silvio Franch, l’indimenticabile prete della chiesa trentina, che ha iniziato lo sviluppo dei rapporti tra la chiesa cattolica trentina e la chiesa ortodossa russa. Lui è stato l’inspiratore ideologico ed anche lo sponsor del programma della creazione dei club delle famiglie con problemi alcol correlati in Russia.

Il primo club è stato aperto il cinque dicembre dell’anno 1992 presso la chiesa dedicata a San Nicola Taumaturgo nel paese di Romashkovo vicino a Mosca.

Che cosa ha contribuito a questo? Penso che non mi sbaglio se dico: l’opportunità aperta nel rinnovato Paese per riempire il mondo spirituale di persone con contenuti religiosi tradizionali.

Il nostro concetto di spiritualità può essere espresso dal famoso detto evangelico: “Non di pane soltanto vivrà l’uomo” (Luca 4, 4). Il pane nonostante sia “vitale” non è sufficiente per una vita piena della persona e della società. Il significato della vita e dell’attività spirituale consiste nell’aspirazione alla Verità assoluta, Saggezza, Bontà, Bellezza e Amore.

Il ricorso dell’uomo all’infinito, il desiderio di andare oltre se stesso, di essere coinvolto nella sfera divina, di affermarsi nel trascendente, di trovare il senso della vita e di realizzarlo è il bisogno principale della natura umana che determina tutte le direzioni della sua vita spirituale. La comprensione e la realizzazione di veri valori spirituali testimoniano la salute spirituale e la maturità delle persone.

L’approccio di Vladimir Hudolin alla soluzione dei problemi legati al consumo di alcolici era consono con i punti di vista, le tradizioni e le aspirazioni del popolo russo. «L’alcolismo non è una malattia come classicamente la si intende, ma piuttosto uno stile di vita, complesso e protratto nel tempo», — insegnava il professor Hudolin[22].  Ed è proprio verso la perfezione del nostro modo di vivere e verso la “deificazione” (theosis), che aspira la spiritualità ortodossa. Anche quando parliamo solo di spiritualità antropologica, pensiamo a una persona (“anthropos”) che guarda su (an), cioè nel mondo celeste, ideale, divino.

Qual è la caratteristica della spiritualità ortodossa e di come queste caratteristiche siano prese in considerazione nel lavoro con i membri delle associazioni dei club?

Considerando le peculiarità della mentalità russa, noi, prima di tutto, dobbiamo considerare il fatto che queste caratteristiche della spiritualità sono fondate sullo stile di vita e sulla visione del mondo slavi, come risultato dell’assimilazione attiva e dello sviluppo creativo delle tradizioni confessionali e culturali bizantine. Era la visione cristiana del mondo che formava l’ideale dell’amore onnicomprensivo come base dell’esistenza umana e, di conseguenza, il corrispondente stile di comportamento individuale e sociale.

Gli Slavi che scoprirono Gesu Cristo sperimentarono la gioia spirituale, l’estasi e la tenerezza dalla conoscenza della saggezza della parola, delle conversazioni con i devoti della fede, della frequenza in chiesa, della partecipazione alla Divina Liturgia e alle feste religiose, dell’immersione nelle fonti sacre, della venerazione delle reliquie cristiane e delle visite ai luoghi della fede.

Per questo anche adesso i membri delle associazioni alcologiche famigliari nelle parrocchie prestano la dovuta attenzione agli incontri con i sacerdoti, la partecipazione ai servizi ecclesiastici, ai pellegrinaggi e al pronunciamento dei voti di sobrietà, per avvicinarsi alla gioia genuina, insieme alla partecipazione alle serate di musica, canzoni, folclore, serate letterarie, spettacoli amatoriali, gare sportive, scampagnate, visite ai teatri, mostre, proiezioni dei film, in realtà eventi puramente laici.

Si può senza dubbio affermare che la terapia spirituale integrata costituisce la “spina dorsale” del trattamento delle persone con problemi alcolcorrelati e con altre dipendenze. La spiritualità, infatti, è un modo originale dell’essere persona e la sua principale caratteristica distintiva come “essere”, e influenza direttamente anche i processi biologici nel corpo umano.

 

 

[1] Ivan Iljin. O prizvanii vracha [Sulla vocazione del medico]. URL:  http://ruskolokol.narod.ru/biblio/iljin/put_k_ochevidnosti/12.html (data di richiesta: 25.04.2018).

[2]  Antonio Maria  Sicari. Il grande libro dei ritratti di santi. Dall’antichità ai giorni nostri. Milano, Editoriale Jaca Book, 2006.-P.708.

 

[3] San Luca di Crimea (Voyno-Yasenetsky). Autobiografia. Ya poluibil stradanije [Mi sono innamorato della sofferenza]. Mosca, Parrocchia della Chiesa della Discesa dello Spirito Santo, 2007. P. 178.

[4] David B. Larson and Susan S. Larson. Health’s Forgotten Factor. Medical Research Uncovers Religion’s Clinical Relevance//God, Science, and Humility: Ten Scientists Consider Humility Theology.  Edited by Robert L. Herrmann. Templeton Foundation Press. Philadelphia & London, 2000. P.230.

[5] Andrew Newberg, M.D., Eugene D’Aquili, M.D., Ph.D. and Vince Rause. Why God Won’t Go Away: Brain Sctence and the Biology of Belief. New York, Ballantine Books, 2002. P.129-130.

[6] Van Praag H. M. Religiosity, a personality trait to be reckoned within psychiatry. World Psychiatry. Feb 2013; 12 (1): p. 33–34.

[7] John Bowker. Religion. The Oxford Dictionary of World Religions. Oxford — New York, Oxford University Press, 1997.-P. XVII.

[8] Andrew Newberg, M.D., Eugene D’Aquili, M.D., Ph.D. and Vince Rause. Why God Won’t Go Away: Brain Science and the Biology of Belief. New York, Ballantine Books, 2002.- P.129.

[9] Ibid.- P.130.

[10] Ibid.- P.108.

[11] Andrew Newberg, M.D., Eugene D’Aquili, M.D., Ph.D. and Vince Rause. Why God Won’t Go Away: Brain Science and the Biology of Belief. New York, Ballantine Books, 2002. P.131.

[12] Allport G. Lichnost’ v psihologhii [Personalità in psicologia]. Mosca: KSP+; SPb: Yuventa. Con la collaborazione del centro psicologico “Lenato”, SPb, 1998. P. 103—112.

[13] P.I.Sidorov. Religious resource of mental medicine. Ekologiya cheloveka [Human Ecology]. 2014, 5, P. 23.

[In Russian]

[14] Ibid.

[15] Sidorov P. I., Novikova I. A. Mental’naya meditsina. Rukovodstvo [Mental Medicine. Guide]. Moscow, GEOTAR-Media, 2014, P.523.

[16] Delibere del Santo Sinodo. Sull’introduzione di alcuni interventi delle autorità ecclesiastiche volti all’assistere il governo nel combattere l’alcolismo nel popolo. //Tserkovnye vedomosti [Gazzetta ecclesiastica]. N.34,1889, Р.323.

[17] Ibid-Р.324-325.

[18] Resoconto fedele del Procuratore capo del Santo Sinodo al Dipartimento della Confessione ortodossa relative agli anni 1908-1909. SPb., 1911, P. 141-142.

[19] Pervyj calendar- trezvennica na 1912 god. [Il primo calendario dell’astemio dell’anno 1912]. Un compendio pee quelli che combattono l’alcolismo. Redattore F.S. Perebijnos. SPb., 1912.-P.81.

[20] Il commento del nostro santo padre Giovanni Crisostomo alla Seconda lettera a Timoteo. Colloquio 1. Opera completa di San Giovanni Crisostomo in 12 volumi. – S.Pietroburgo, pubblicazione dell’Accademia teologica di S.Pietroburgo, 1905. — V.11. — Libro 2. — P.762.

[21] V.K.Dmitriev. Kriticheskije issledovanija o potreblenii alcogolja v Rossii [Studio critico del consumo dell’alcol in Russia]. Mosca, “Russkaya panorama”, 2001. P.332.

[22] Vladimir Hudolin. Manuale di alcologia a cura del Centro studi e documentazione sui problemi alcolcorrelati. Trento, Edizioni Centro Studi Erickson, 2013. —  P.222.

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